19 aprile 2009

Protect this house

Il Padovani è la mia seconda casa, anzi ora che ci penso forse la prima.. Lì dentro mi sento libero da tutti i problemi, dalle paure e le incertezze . Li ci sono i miei amici, i fratelli di una vita, e lasciando da parte il buonismo classico della nostra epoca, tutti quelli che mi vogliono davvero bene oggi sono li a vedermi e a soffrire con me perché capiscono il significato che io do a tutto questo; chi in campo, chi in tribuna. Degli altri posso fare a meno, come probabilmente loro di me.

Oggi mi sono svegliato per proteggere casa nostra, e per una volta quello che devo fare è chiaro e limpido, nessuna incertezza, nessuna scelta rimandata, nessun ripensamento della vita da civile, nessun compromesso: dentro la mente tutto è perfettamente leggibile.

Proteggere casa nostra, ogni filo d’erba, come hanno quelli che hanno indossato la maglia prima di me, quelli che l’hanno fatto e non lo possono più fare ma che vorrebbero ancora con i loro sguardi dalle tribune, per quelli che l'hanno fatto ma non ci sono più.

E stamani appena sveglio mi sono anche reso conto i qualcosa che mi ero dimenticato, come quando scavi nei cassetti cercando quella felpa che poi ritrovi una mattina appoggiata su una sedia. Al Padovani non si gioca per uno stipendio , non si gioca per la gloria, si gioca per qualcosa che non vale gli stipendi di tutta una vita. Si gioca per l’orgoglio di indossare una maglia, portarla a testa alta nella vita di tutti i giorni, si gioca per i fratelli che soffrono insieme a te la sofferenza più bella del mondo perché condivisa con loro.

Ora vado a proteggere casa mia da qualcuno che entra in casa con le scarpe sporche, senza essere invitato e che ci vuole portare via la cosa più preziosa che abbiamo lì esposta: l’orgoglio di essere giocatori di rugby.

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